Le origini
Il primo riferimento al nome Olmo di cui si abbia notizia e' contenuto in un atto di investitura fondiaria rogato il 2 Febbraio 1194. Da questa prima documentazione dell'esistenza di Olmo al Brembo, risalente a ottocento anni fa, si puo' dedurre che il paese si fosse gia' costituito almeno un paio di secoli prima ed avesse assunto una certa importanza nel contesto del settore occidentale dell'Alta Valle Brembana in virtu' della sua ubicazione alla confluenza delle valli Stabina, Averara e dell'Olmo. Intorno al 1100 la diocesi milanese investi' di tutto feudo i Della Torre, gia' signori della Valsassina. Ed e' cosi' che fino a meta' del '300 Olmo fara' capo, da un punto di vista politico ed amministrativo, appunto alla Valsassina.
Olmo nelle lotte tra guelfi e ghibellini
Sotto il dominio dei Visconti, nella seconda meta' del '300 e agli inizi del '400, la Valle Brembana vive quello che e' probabilmente da considerare il periodo piu' tragico della propria storia. L'alta Valle Brembana, Olmo compresa, era quasi tutta ghibellina, probabilmente in conseguenza della sia pur parziale autonomia garantita ad essa dai Visconti.
Beni comunali e forestieri, la societa'originaria dell'Olmo
Una delle antiche consuetudini dei nostri paesi, e naturalmente anche di Olmo, era quella dell'esistenza dei "beni comunali". Essi consistevano in boschi e prati di proprieta' collettiva su cui la popolazione, in particolare quella piu' povera, esercitava gli usi civili raccogliendo legna secca, strame, funghi, ghiande, tagliando fieno da monte e facendo pascolare i propri animali. Tale consuetudine non fu messa in discussione nemmeno da Venezia che al suo arrivo, se formalmente si dichiaro' proprietaria di questi beni, tuttavia ne lascio' l'uso e la gestione ai comuni. Nel corso del tempo tuttavia tale gestione da parte dei comuni divenne sempre piu' complessa e difficile. Succedeva in sostanza che alcuni privati, quasi sempre i maggiorenti del paese, occupavano le terre migliori recintandole e sottraendole all'uso collettivo. Cio' in forza di contratti d'affitto o di atti stilati ad arte dai consigli comunali che erano quasi sempre composti da membri delle famiglie piu' potenti. Questo fenomeno delle usurpazioni era doppiamente negativo: da una parte sottraeva alla popolazione piu' povera le risorse indispensabili alla sopravvivenza, dall'altra faceva diminuire i profitti dei comuni derivanti dagli affitti e dai tagli dei boschi, con conseguente aumento delle tassazioni a carico dei cittadini. Un altro aspetto realtivo alla gestione dei beni comunali era quello della divisione fra originari e forestieri, fonte di contrasti secolari, con episodi anche di violenza. Per antica consuetudine infatti gli orininari, cioe' le piu' antiche famiglie del paese, si erano riservate l'uso di quei beni, vietandone il godimento ai forestieri, ossia a quanti erano venuti ad abitare in paese da fuori. E per questo scopo che si era creato una Societa' degli Originari, sorta quasi certamente in seguito all'acquisto dei beni degli Olmo da parte di alcuni cittadini.
Un quadro del paese nella seconda meta' dell'Ottocento
Olmo cent'anni fa. O poco piu'. Gli abitanti, le occupazioni, le case, l'alimentazione, la morbilita', la situazione igienica: un quadro insomma abbastanza completo della realta' del paese. Tanto per cominciare Olmo contava allora 514 abitanti, di cui 251 maschi e 263 femmine. Molto alto era in questo periodo il tasso di natalita'. Per quanto riguarda il lavoro e l'occupazione, nella Olmo di fine '800 "predomina di molto la pastorizia e in buona proporzione l'agricoltura e l'industria". In paese non vi erano filatoi ne' altri opifici, ne' si faceva uso di telai a domicilio
Non si praticava la cultura del gelso, mentre un certo reddito derivava dalla vendita del legname, sia da parte del comune che dei privati. Quanto all'attivita' artigianale, accanto ad alcune segherie e mulini, funzionava una fucina da ferro a due fuochi con due magli, utilizzata per ridurre il ferraccio in verghe di ferro, verzella e ferro ladino. Abbastanza praticata, ancorche' poco redditizzia, era l'agricoltura. I dati relativi alle principali produzioni indicano una quantita' irrisoria di cereali. La zootecnica con 61 allevatori, era l'attivita' principale del paese. Il patrimonio bovino era costituito da 165 vacche, 7 cavalli, 12 asini, 1 mulo, 6 maiali, 94 pecore e 54 capre. L'alimentazione umana e' per il resto a base di granoturco, frumento, riso e patate.
La Madonna dei Campelli
Il fatto miracoloso avvenne nella metà del Seicento e si svolse nell'antico edificio che sorge ancora oggi circa un chilometro a valle di Cugno, al limitare del verde pianoro che costeggia il Brembo, gia' allora denominato Campelli, un toponimo piuttosto diffuso in Val Brembana a significare la presenza di campicelli adatti ad essere coltivati per la loro favorevole esposizione.
Così sul bollettino parrocchiale L'Alta Val Brembana del 1912 Don Stefano Gervasoni ricostruisce l'avvenimento: E' tradizione orale che un viandante, cavalcando per l'antica strada che da Piazza metteva ad Olmo, giunto sopra la Corna dei Campelli, mal reggendo i passi della cavalcatura cadde nel sottostante precipizio, non riportando nocumento di sorta. Il malcapitato, di cui non ci e' pervenuto il nome, attribuì all'invocazione del Santo nome di Maria lo scampato pericolo di morte". Il viaggiatore, convinto che la sua salvezza fosse dovuta ad un miracolo, fece dipingere sulla pietra posta sotto la scarpata l'immagine della Vergine col Bambino. Attorno a quell'immagine si diffuse ben presto la devozione popolare, incoraggiata dall'autorità religiosa che era allora impegnata, in piena Controriforma, a diffondere il culto della Madonna e dei Santi. Piu' tardi sul posto venne costruita una Cappelletta che divenne luogo di preghiera e meta di pellegrinaggi da tutta l'Alta Valle. Fin qui la tradizione. Poi tra la fine del Seicento e i primi anni del Settecento, venne eretto l'attuale Santuario.
Tratto dal libro "Olmo al Brembo nella Storia" autori Tarcisio Bottani e Felice Riceputi